

Nicaragua

Intensità FULL

Costo alto**
**alto: oltre i 15€

RING GAUGE 56

Complessità Medio Alta

Fumata di Media durata*
*media: 60 - 90 min
Lunghezza
- 5 1/4″ / 133 mm
Anatomia
Fascia | Nicaragua Maduro |
Sottofascia | Nicaragua |
Ripieno | Nicaragua |

Valutazione

Wow Factor
La fumata
Sono il grande Padron, figlio di Kmer, della tribù di Istar della terra desolata di Cfinir,
uno degli ultimi sette saggi: Puvvurur, Ganer, Astafanirghecusar, Usust e Ghanir,
colui che era, colui che è stato e colui che sempre sarà 1926 – ciuciachì e ciucialà – ,
colui il quale ha inseguito e sconfitto i demoni Cub e ano –
che adesso vagano per il mondo domandandosi: ma nùn sa fem, sifulum Cubano?,
colui il quale è sceso tra le acque sacre del lago Fstgnur, tra le ninfe Pfnigherans,
e lì ha fumato il mitico sigaro degli dei, il Padron 1926… (parafrasando Aldo, Giovanni e Giacomo)
Preambolo un tantino irriverente per questa pregiatissima fumata, perdonatemi ma non ho resistito alla tentazione di dare un tocco ironico alla recensione. Pregiatissima affermavo poc’anzi e aggiungerei anche superlativa sotto ogni punto di vista tranne il costo da sostenere per godere di siffatta meraviglia.
Molte persone si chiedono come possa un sigaro costare cifre simili, cercando ovviamente prove tangibili come “è fatto con mezzo chilo d’oro così = a xxx Euro”, ma la risposta non è così semplice o scontata. A mio modesto parere li vale eccome e quello che posso con certezza affermare è che paghiamo per qualcosa che NON possiamo ne vedere, ne toccare, ma che ha parte fondamentale nella costruzione del costo di vendita.
Di cosa parlo? Di processi di business che vanno dal seme al prodotto finito, che non si vedono materialmente ma che vengono riversati in ogni singolo sigaro. Parlo della verticalizzazione estrema che un produttore come Padron ha deciso di intraprendere, per avere un controllo diretto su tutto il processo produttivo. Parlo di investimenti in colture e terreni, di sperimentazioni e affinamenti, di cura maniacale nella coltivazione, trattamento e invecchiamento dei tabacchi. Parlo di controllo certosino nella realizzazione di ogni singolo manufatto, e dei continui affinamenti dei blend utilizzati. TUTTO questo e altro ancora concorre di fatto a costruire il costo finale.
Siamo nel campo della non tangibilità, o meglio non esistono indicatori nelle foglie di tabacco che ti dicano: ecco vedi questi segni indicano che è stato fatto questo. I tabacchi in realtà ne portano i segni, ma non sono segni visibili o identificabili con certezza. Come crescere un figlio. Un genitore investe tempo, denaro, istruzione e cure mediche per far sì che il figlio cresca sano, intelligente e forte (o almeno lo si spera), e nel figlio oramai cresciuto questi intangibili sforzi saranno presenti ma non visibili.
Nel mondo del tabacco questi processi “intangibili” richiedono investimenti di tempo e immobilizzazioni di denaro che consentono una continuità progettuale finalizzata, alla fine della catena, al confezionamento di prodotti unici. Ecco tutto questo è dentro il costo di un Padron 1926, senza mezzi termini.
Non riuscite a capirli o accettarli? Allora fate un favore a voi stessi, comperatevi qualcosa d’altro, anche un bundle, almeno non caragnerete inutilmente e non romperete le balle agli altri con inutili polemiche.
Detto questo il Padron 1926 No.9 maduro è una fumata assolutamente straordinaria, e lo si intuisce già a crudo per l’intensità magistrale delle note aromatiche. Non voglio raccontarvele però, per non distogliere l’attenzione dalla parola “intensità”. In questo termine infatti è racchiusa l’essenza stessa della qualità e la somma degli sforzi e investimenti di cui abbiamo parlato prima.
Volete la lista della spesa? Andate a cercarla su qualche altro blog. Saluti e baci.
Ai pochi rimasti racconto che la semplice accensione del piede del sigaro, prima ancora di prendere boccate, riempie l’aria di effluvi mielati perfettamente avvertibili e che sconcerterebbero qualsiasi fumatore. Non è nemmeno partito che già si eleva al rango di bombetta aromatica. Spettacolo!
Prendo qualche boccata… whammo! Le prime retroinalazioni mi frustano le cavità nasali, pepe di un’intensità inaudita il cui effetto però scema velocemente. Sopravvivo.
Fin dalla partenza si rivela ben strutturato, amalgamato e complesso anzi troppo complesso per il mio naso, su note aromatiche di spezie varie tra cui il ginepro, frutta come le amarene e un universo pazzesco di altre note troppo sottili per essere delineate.
Il mio compagno di fumata, Giuseppe Stucchi mi abbandona immediatamente. Quel bastardo esordisce con: Andrea è spettacolare, tu pensa alla recensione io a gustarmelo…
Maledettooooooo! Un pensiero vendicativo si materializza: quasi quasi gli spezzo il sigaro in due. Naaaa, voglio troppo bene a Giuseppe per fargli un simile torto così ricaccio la mia anima permalosa da dove è venuta.
Il sottofondo assume una sfumatura profonda di torba e dopo neanche un centimetro di braciere il pepe magicamente saluta e il sigaro si schiude su una dolcezza immensa. Il naso e il cervello si spengono in una sorta di blackout da sovradosaggio e si accende il godimento.
Non è la quantità di quello che avverto in fumata ad accendere il godimento bensì la loro risultante, una sorta di estasi difficile da raccontare ma facile da apprezzare in fumata. Si sta rivelando una spettacolare esperienza fumosa, un viaggio in cui nessuna nota aromatica prevarica l’altra in una sorta di microcosmo magistralmente equilibrato dove ogni cosa ha il suo opposto bilanciandosi perfettamente.
Giuseppe in preda anche lui all’estasi si lascia andare alla vena poetica:
un giubileo o meglio…
E deggio e posso crederlo?
Ti veggo a me d’accanto!
È questo un sigaro, un’estasi,
un sovrumano incanto?
Sì porca troia!
(licenza poetica da Il Trovatore)
Ok lo sopprimo io o ci pensate voi?
In compenso il sigaro continua imperterrito il suo percorso aromatico ed ora snocciola nouance che sfumano nel cacao, il tutto condito da un’amalgama perfetta fra terre, spezie, cacao e frutta. Quando il pepe scompare quasi del tutto lascia un’armonia leggiadra e fruttata, della giusta misura e intensità, come a dire eccellenza pura.
L’ingresso nella parte centrale della fumata accentua ancora di più la dolcezza, che ora ricorda i marshmellows e l’anice, su un sottofondo agrumato con un fumo che profuma di pane appena sfornato. Manca qualcosa? Ecchecacchioneso… ha tutto!
Tutto da assaporare lentamente, a piccole boccate ben dosate per prolungare il piacere che questo sigaro riesce a generare. Tutto è dosato, centellinato per un’esperienza sensoriale al di sopra della media.
Nel sottofondo compare una lieve sfumatura affumicata che nel fumo assume le connotazioni della crosta di pane abbrustolita e biscottata, ma non posso nemmeno confrontarmi con quel bastardone di Giuseppe, perennemente in preda alla sua estasi cosmica.
Questa percezione olfattiva contrasta mirabilmente con il sapore di confetti ripieni di cioccolato che permane al palato, quelli di pasticceria per i matrimoni, e per finire note decise di salvia fritta, caffè con miele d’acacia e caramello mentre il pepe fa capolino dal dimenticatoio.
Poi la risultante comincia a virare decisamente verso un tripudio di caffè espresso, denso tanto da rivestire a lungo il palato, segnando anche l’ingresso nella parte finale della fumata.
La percezione che ho è di una corretta evoluzione, di un corretto percorso che non ha curve nette o un manto dissestato. Si fa guidare con piacere e asseconda alla perfezione il fumatore, in una perenne lenta crescita di intensità che ha come culmine, come arrivo un trionfo di menta, anice, panna cotta e liquirizia in un mix stranissimo e piacevolissimo al tempo stesso.
Ripeto non cede mai nell’amaricante, nell’acredine, non si sbilancia e mantiene sempre nuoance dolci e cremose che coccolano, per tutta la durata del sigaro, il fumatore.
Insomma se non è Wow Factor questo…
